“Una breve storia della creazione del romanzo “Il nome della rosa. Il sistema figurativo del romanzo

Uno dei libri molto insoliti e interessanti cade nelle mani di un traduttore. Questo libro si intitolava “Appunti di padre Andson di Melk”. Caddero nelle mani di quell'uomo proprio a Praga nel 1968. Sul libro, nella pagina principale, il frontespizio, c'era scritto che questo libro era stato tradotto in francese dal latino.

Questo testo confermava che il libro era stato tradotto da un manoscritto molto prezioso, perché scritto nel XVII secolo. Inoltre, questo manoscritto è stato scritto da un monaco alla fine del XIV secolo. La persona nelle cui mani caddero questi manoscritti iniziò a cercare tutto sulla personalità di questo monaco, così come sullo stesso Adson. Ma, ahimè, queste ricerche non hanno prodotto nulla, poiché non c'erano quasi informazioni. Poi questo libro è scomparso dalla vista, perché sembrava un falso, che, forse, era l'unico nel suo genere.

Il manoscritto in realtà parla di Adson. Chi era un monaco. Ricorda vari eventi a cui ha assistito una volta, tanto tempo fa. Erano le 1327. In Europa si stanno verificando eventi molto turbolenti, poiché re e imperatori si oppongono tra loro usando il loro potere. Inoltre, come sempre, la Chiesa interferisce in questa materia e il suo potere è semplicemente illimitato, il che a volte è molto pericoloso. Re Luigi sta cercando di affrontare lo stesso imperatore Giovanni Dodicesimo.

Adson, allora ancora molto giovane, era un novizio. Accompagnò poi il pensatore e teologo in un viaggio in città e grandi monasteri. Adson incontra presto Wilhelm, anche lui più o meno della sua età, anche lui alle prime armi. Ecco perché le loro missioni sono le stesse. Viaggiano insieme, insieme fanno ciò che gli viene costantemente assegnato. E sono sempre accanto a personaggi famosi, dai quali ricevono incarichi importanti e meno importanti. Pertanto, vedono chiaramente la storia dei loro giorni, che un giorno leggeranno, anche senza la loro partecipazione.

Un giorno accadde un incidente che gettò nello shock molte persone, oltre agli stessi novizi, William, e anche Adson, perché si verificò un incendio che colpì soprattutto l'abbazia. E tutto è successo perché Jorge, un vecchio che ha ricevuto un libro misterioso, ha deciso di morire lui stesso affinché nessuno ne conoscesse il segreto.

Immagine o disegno di Umberto Eco - Il nome della rosa

Altre rivisitazioni e recensioni per il diario del lettore

  • La storia della creazione di Gogol l'ispettore generale

    La storia della creazione dell'opera teatrale di Nikolai Vasilyevich Gogol "L'ispettore generale" è curiosa e divertente. Inizia nel 1835. Nikolai Gogol aveva le sue ipotesi sul futuro della letteratura russa. Sapeva fermamente che dovrebbe essere il genere commedia in letteratura

  • Riassunto della favola di Krylov Larchik

    A molte persone piace impegnarsi incredibilmente per risolvere problemi semplici. E racconta anche a tutti della tua intelligenza e superiorità.

  • Riassunto della suocera Terenzio

    Il giovane Panfilo si innamora dell'etera Bacchide. Visita spesso la ragazza e le fa regali costosi. I suoi genitori non sono contenti della situazione attuale. Insistettero affinché il loro figlio sposasse la rispettabile Filomena

  • Riassunto dei crociati Sienkiewicz

    Il romanzo I crociati di Henryk Sienkiewicz fu pubblicato nel 1897. L'opera storica copre gli eventi di un intero decennio. Sienkiewicz descrive il periodo successivo alla morte della regina Jadwiga

  • Riassunto Per chi suona la campana Hemingway

    Quest'opera occupa giustamente il suo posto nell'elenco dei cento migliori romanzi del ventesimo secolo. L'autore stesso una volta prese parte direttamente alla guerra e ne comprese l'insensatezza e la crudeltà. Questa idea corre come un filo rosso attraverso il romanzo.

Il nome della Rosa è un libro che rappresenta l'esordio in campo letterario del professore di semiotica dell'Università di Bologna U. Eco. Il romanzo fu pubblicato per la prima volta nel 1980 in lingua originale (italiano). L'opera successiva dell'autore, "Il pendolo di Foucault", fu un bestseller di altrettanto successo e introdusse finalmente l'autore nel mondo della grande letteratura. Ma in questo articolo racconteremo il riassunto di "Il nome della rosa". Esistono due versioni dell'origine del titolo del romanzo. Lo storico Umberto Eco ci riporta all'epoca dei dibattiti tra nominalisti e realisti, che dibattevano su cosa sarebbe rimasto del nome della rosa se il fiore stesso fosse scomparso. Ma il titolo del romanzo evoca anche un'allusione alla trama d'amore. Avendo perso la sua amata, l'eroe Adson non può nemmeno piangere sul suo nome, poiché non lo sa.

Matrioska romana

L'opera “Il nome della rosa” è molto complessa e sfaccettata. Fin dalla prefazione, l'autore mette di fronte al lettore la possibilità che tutto ciò di cui legge in questo libro si rivelerà un falso storico. Nel 1968 un traduttore ricevette a Praga gli appunti di padre Adson di Melk. Si tratta di un libro in francese, pubblicato a metà del XIX secolo. Ma è anche la rivisitazione di un testo latino del XVII secolo, che, a sua volta, è un'edizione di un manoscritto della fine del XIV secolo. Il manoscritto è stato creato da un monaco di Melk. La ricerca storica sull'identità dell'autore medievale delle note, nonché degli amanuensi dei secoli XVII e XIX, non ha prodotto alcun risultato. Pertanto, l'autore del romanzo cancella delicatamente un breve riassunto dagli eventi storici attendibili della sua opera. "Il nome della rosa" è pieno di errori documentari. E gli storici accademici criticano il romanzo per questo. Ma quali eventi dobbiamo conoscere per comprendere le complessità della trama?

Contesto storico in cui è ambientato il romanzo (riassunto)

“Il Nome della Rosa” ci rimanda al mese di novembre milletrecentoventisette. A quel tempo, l’Europa occidentale era scossa dai conflitti ecclesiastici. La curia papale è in “cattività avignonese”, sotto il tallone del re francese. Giovanni Ventiduesimo combatte su due fronti. Da un lato si oppone all'imperatore del Sacro Romano Impero Ludovico IV di Baviera e dall'altro combatte contro i suoi stessi servitori della Chiesa. Francesco d’Assisi, fondatore dei Frati Minori, sosteneva la povertà assoluta. Ha invitato a rinunciare alle ricchezze mondane per seguire Cristo. Dopo la morte di Francesco, la curia papale, impantanata nel lusso, decise di mandare i suoi studenti e seguaci tra le mura dei monasteri. Ciò causò una divisione tra i membri dell'ordine. Da esso emersero gli spiritisti francescani, che continuarono ad assumere la posizione della povertà apostolica. Il papa li dichiarò eretici e iniziò la persecuzione. L'imperatore ne approfittò nella sua lotta per le investiture e appoggiò gli spiritisti. Pertanto, diventano una forza politica significativa. Di conseguenza, le parti hanno avviato trattative. La delegazione francescana, sostenuta dall'imperatore, e i rappresentanti del papa si sarebbero incontrati in un monastero senza nome ai confini tra Savoia, Piemonte e Liguria. Gli eventi principali del romanzo si svolgono in questo monastero. Ricordiamo che il dibattito sulla povertà di Cristo e della sua Chiesa è solo uno schermo dietro il quale si nascondono intensi intrighi politici.

Detective storico

Un lettore erudito riconoscerà sicuramente la connessione tra il romanzo di Eco e le storie di Conan Doyle. Per fare ciò, è sufficiente conoscerne il breve contenuto. "Il nome della rosa" appare davanti a noi come le note più attente di Adson. Qui nasce subito un'allusione al dottor Watson, che descrisse dettagliatamente le indagini del suo amico Sherlock Holmes. Naturalmente, entrambi gli eroi del romanzo sono monaci. Guglielmo di Baskerville, la cui piccola patria ci fa ricordare la storia di Conan Doyle sul minaccioso cane nella brughiera, venne al monastero benedettino per conto dell'imperatore per preparare un incontro di spiritualisti con i rappresentanti della curia papale. Ma non appena lui e il novizio Adson di Melk si avvicinarono al monastero, gli eventi iniziarono a svolgersi così rapidamente da relegare in secondo piano le questioni della disputa sulla povertà degli apostoli e della Chiesa. Il romanzo si svolge nell'arco di una settimana. Misteriosi omicidi che si susseguono tengono il lettore continuamente con il fiato sospeso. Wilhelm, diplomatico, brillante teologo e, come dimostra il suo dialogo con Bernard Guy, ex inquisitore, si offrì volontario per trovare il colpevole di tutte queste morti. “Il nome della rosa” è un libro che è un romanzo poliziesco nel suo genere.

Come un diplomatico diventa investigatore

Dove avrebbe dovuto svolgersi l'incontro delle due delegazioni, il francescano Guglielmo di Baskerville e il novizio Adson di Melk arrivano pochi giorni prima dell'inizio della disputa. Durante il suo svolgimento, le parti hanno dovuto esprimere i loro argomenti riguardo alla povertà della Chiesa come erede di Cristo e discutere la possibilità dell'arrivo al soglio pontificio del generale spirituale Michele Tsezensky ad Avignone. Ma solo avvicinandosi alle porte del monastero, i personaggi principali incontrano i monaci che sono corsi alla ricerca della cavalla in fuga. Qui Wilhelm sorprende tutti con il suo “metodo deduttivo” (altro riferimento di Umberto Eco a Conan Doyle), descrivendo il cavallo e indicando la posizione dell'animale. Abbo, stupito dalla profondità dell'animo del francescano, gli chiede di indagare sul caso di una strana morte avvenuta tra le mura del monastero. Il corpo di Adelm è stato trovato in fondo alla scogliera. Sembrava che fosse stato gettato dalla finestra di una torre a strapiombo sull'abisso chiamato Tempio. Abbon lascia intendere di sapere qualcosa sulle circostanze della morte del disegnatore Adelmo, ma è vincolato dal voto di segretezza della confessione. Ma dà a Wilhelm l'opportunità di indagare e interrogare tutti i monaci per identificare l'assassino.

Tempio

Abbon ha permesso all'investigatore di esaminare tutti gli angoli del monastero, tranne la biblioteca. Occupava il terzo, ultimo piano del Tempio, una torre gigante. La biblioteca aveva la reputazione di essere il più grande deposito di libri d'Europa. È stato costruito come un labirinto. Vi avevano accesso solo il bibliotecario Malachia e il suo assistente Berengario. Il secondo piano del Tempio era occupato da uno scriptorium, dove lavoravano scribi e illustratori, uno dei quali era il defunto Adelm. Dopo aver condotto un'analisi deduttiva, Wilhelm giunse alla conclusione che nessuno uccise il disegnatore, ma lui stesso saltò dall'alto muro del monastero e il suo corpo fu trasportato da una frana sotto le mura del Tempio. Ma questa non è la fine del romanzo e del suo riassunto. Il nome della rosa mantiene il lettore in costante suspense. La mattina dopo fu scoperto un altro corpo. Era difficile chiamarlo suicidio: da un barile di sangue di maiale fuoriusciva il corpo di Venanzio, un aderente agli insegnamenti di Aristotele (il Natale si stava avvicinando e i monaci macellavano il bestiame per fare salsicce). La vittima lavorava anche in uno scriptorium. E questo costrinse Wilhelm a prestare maggiore attenzione alla misteriosa biblioteca. L’enigma del labirinto cominciò a interessarlo dopo il rifiuto di Malachia. Solo lui decise se fornire il libro al monaco che lo richiedeva, adducendo il fatto che il deposito conteneva molti manoscritti eretici e pagani.

Scriptorium

Non essendo ammessi nella biblioteca, che diventerà il centro degli intrighi nella narrazione del romanzo "Il nome della rosa", gli eroi Wilhelm e Adson trascorrono molto tempo al secondo piano del Tempio. Parlando con il giovane scriba Benzius, l'investigatore apprende che nello scriptorium due partiti si affrontano silenziosamente, ma ciononostante ferocemente. I monaci giovani sono sempre pronti a ridere, mentre i monaci più anziani considerano il divertimento un peccato inaccettabile. Il leader di questo partito è il monaco cieco Jorge, considerato un uomo santo e giusto. È sopraffatto dalle aspettative escatologiche e dalla fine dei tempi. Ma il disegnatore Adelm ha raffigurato così abilmente i divertenti animali del bestiario che i suoi compagni non hanno potuto fare a meno di ridere. Benzius si lasciò scappare che due giorni prima della morte dell’illustratore, uno scontro silenzioso nello scriptorium si trasformò in una scaramuccia verbale. La discussione riguardava l'ammissibilità di rappresentare il divertente nei testi teologici. Umberto Eco sfrutta questo discorso per sollevare il velo di segretezza: c'è un libro in biblioteca che potrebbe decidere il dibattito a favore dei paladini del divertimento. Berenguer si lasciò sfuggire l’esistenza del lavoro, che associava alle parole “limite dell’Africa”.

Morti collegate da un unico filo logico

“Il nome della rosa” è un romanzo postmoderno. L'autore, a immagine di Guglielmo di Baskerville, parodia sottilmente Sherlock Holmes. Ma, a differenza del detective londinese, l'investigatore medievale non tiene il passo con gli eventi. Non può impedire il crimine e gli omicidi si susseguono. E in questo vediamo un accenno a “Dieci piccoli indiani” di Agatha Christie. Ma tutti questi omicidi, in un modo o nell'altro, sono collegati al libro misterioso. Wilhelm scopre i dettagli del suicidio di Adelm. Berengario lo persuase ad avere una relazione sodomita, promettendogli per questo un certo servizio che avrebbe potuto svolgere come assistente bibliotecario. Ma il disegnatore non poté sopportare il peso del suo peccato e corse a confessarsi. E poiché il irremovibile Jorge era il confessore, Adelm non poté alleviare la sua anima e, disperato, si tolse la vita. Non è stato possibile interrogare Berengario: è scomparso. Sentendo che tutti gli eventi dello scriptorium sono collegati al libro, Wilhelm e Adson entrano di notte nel tempio, utilizzando un passaggio sotterraneo, di cui sono venuti a conoscenza spiando l'assistente del bibliotecario. Ma la biblioteca si è rivelata un labirinto complesso. Gli eroi trovarono a malapena una via d'uscita, avendo sperimentato gli effetti di tutti i tipi di trappole: specchi, lampade con olio paralizzante, ecc. Il Berengar scomparso fu trovato morto nello stabilimento balneare. Il medico del monastero Severin mostra a Wilhelm strani segni neri sulle dita e sulla lingua del defunto. Gli stessi furono scoperti prima a Venanzio. Severin ha anche detto di aver perso una bottiglia contenente una sostanza molto tossica.

Grande politica

Con l'arrivo di due delegazioni al monastero, parallelamente al romanzo poliziesco, inizia a svilupparsi la trama “politica” del libro “Il nome della rosa”. Il romanzo è pieno di difetti storici. Così, l'inquisitore Bernard Guy, arrivato in missione diplomatica, inizia a indagare non sugli errori eretici, ma sui crimini criminali: omicidi all'interno delle mura del monastero. L'autore del romanzo immerge il lettore nelle vicissitudini dei dibattiti teologici. Nel frattempo, Wilhelm e Adson entrano una seconda volta nella biblioteca e studiano la disposizione del labirinto. Trovano anche il "limite dell'Africa": una stanza segreta ben chiusa. Nel frattempo, Bernard Guy sta indagando sugli omicidi utilizzando metodi insoliti, a giudicare dalle fonti storiche. Arresta e accusa di stregoneria l'assistente del medico, l'ex dolciniano Balthazar, e una mendicante venuta al monastero per vendere il suo corpo in cambio degli avanzi del refettorio. Una disputa scientifica tra rappresentanti della Curia e spiritualisti si trasforma in una banale rissa. Ma l'autore del romanzo porta ancora una volta il lettore dal piano della teologia all'emozionante genere della narrativa poliziesca.

Arma del delitto

Mentre Wilhelm osservava il combattimento, arrivò Severin. Riferì di aver trovato uno strano libro nella sua infermeria. Naturalmente è lo stesso che Berengario ha portato fuori dalla biblioteca, poiché il suo corpo è stato ritrovato in uno stabilimento balneare non lontano dall'ospedale. Ma Wilhelm non può andarsene e dopo un po’ tutti rimangono scioccati dalla notizia della morte del dottore. Il cranio di Severin era fratturato e il cellario Remigius fu catturato sulla scena del crimine. Afferma di aver trovato il medico già morto. Ma Benzius, un giovane monaco molto accorto, disse a Guglielmo che prima correva all'infermeria, e poi vigilava per chi entrava. È sicuro che il bibliotecario Malachia fosse qui e si nascondesse da qualche parte, per poi mescolarsi alla folla. Rendendosi conto che l'assassino del dottore non era ancora riuscito a tirare fuori il libro portato qui da Berengar, Wilhelm esamina tutti i quaderni dell'infermeria. Ma trascura il fatto che più testi manoscritti possono essere riuniti insieme in un unico volume. Pertanto, il Benzius più perspicace ottiene il libro. Non per niente le recensioni dei lettori definiscono il romanzo "Il nome della rosa" molto sfaccettato. La trama porta nuovamente il lettore sul piano della grande politica. Si scopre che Bernard Guy è arrivato al monastero con l'obiettivo segreto di interrompere le trattative. Per fare questo, approfittò degli omicidi avvenuti nel monastero. Accusa dei delitti l'ex Dolciniano, sostenendo che Balthasar condivide le visioni eretiche degli spiritisti. Quindi, parte della colpa è di tutti loro.

Risolvere il mistero di un libro misterioso e una serie di omicidi

Benzius diede il volume a Malachia senza nemmeno aprirlo, poiché gli era stato offerto il posto di vice-bibliotecario. E gli ha salvato la vita. Perché le pagine del libro erano sature di veleno. Anche Malachia ne sentì l'effetto: morì in preda alle convulsioni proprio durante la messa. La sua lingua e la punta delle dita erano nere. Ma poi Abbon chiama a sé William e gli annuncia con fermezza che la mattina dopo dovrà lasciare il monastero. L'abate è convinto che lo scopo degli omicidi fosse un regolamento di conti tra omosessuali. Ma non si arrenderà. Dopotutto, era già arrivato vicino a risolvere l'enigma. Ha risolto la chiave che apre la stanza "Africa's Reach". E la sesta notte della loro permanenza nel monastero, Wilhelm e Adson entrarono di nuovo nella biblioteca. “Il nome della rosa” è un romanzo di Umberto Eco, la cui narrazione o scorre lentamente, come un fiume calmo, oppure si sviluppa rapidamente, come un thriller. Nella stanza segreta, il cieco Jorge sta già aspettando ospiti non invitati. Nelle sue mani c'è lo stesso libro: l'unica copia perduta dell'opera di Aristotele "Sulla risata", la seconda parte della "Poetica". Questo “cardinale grigio”, che teneva tutti sottomessi, compreso l’abate, mentre era ancora vedente, inzuppò di veleno le pagine del libro che odiava affinché nessuno potesse leggerlo. Aristotele godeva di grande venerazione tra i teologi del Medioevo. Jorge temeva che se la risata fosse stata confermata da tale autorità, il suo intero sistema di valori, che considerava gli unici cristiani, sarebbe crollato. Per fare questo, attirò l'abate in una trappola di pietra e ruppe il meccanismo che apriva la porta. Il monaco cieco invita Wilhelm a leggere un libro. Ma avendo appreso di conoscere il segreto delle lenzuola imbevute di veleno, inizia ad assorbire lui stesso le lenzuola. Wilhelm cerca di prendere il libro dal vecchio, ma lui, avendo un buon senso dell'orientamento nel labirinto, scappa. E quando lo raggiungono, tira fuori la lampada e la lancia tra le file di libri. L'olio versato avvolge immediatamente le pergamene nel fuoco. Wilhelm e Adson scappano miracolosamente dalla scena dell'incendio. Le fiamme dal Tempio si sono propagate ad altri edifici. Tre giorni dopo, sul sito del monastero più ricco rimangono solo rovine fumanti.

Esiste una morale nella scrittura postmoderna?

Umorismo, allusioni e riferimenti ad altre opere letterarie, una trama poliziesca sovrapposta al contesto storico dell'inizio del XIV secolo: questi non sono tutti i “trucchi” con cui “Il nome della rosa” attira il lettore. L'analisi di questo lavoro ci permette di giudicare che dietro l'apparente intrattenimento si nasconde un significato profondo. Il personaggio principale non è Guglielmo di Canterbury, e certamente non l'umile autore delle note, Adson. Questa è la Parola che alcuni cercano di rivelare e altri cercano di soffocare. Il problema della libertà interna viene sollevato dall'autore e ripensato nuovamente. Il caleidoscopio di citazioni di opere famose sulle pagine del romanzo più di una volta fa sorridere il lettore erudito. Ma insieme a sillogismi spiritosi incontriamo anche la formulazione di un problema più importante. Questa idea di tolleranza, la capacità di rispettare il mondo universale di un'altra persona. La questione della libertà di parola, della verità, che deve essere “proclamata dai tetti”, si oppone alla presentazione della propria giustezza come ultima risorsa, ai tentativi di imporre il proprio punto di vista non con la persuasione, ma con la forza. In un’epoca in cui le atrocità dell’Isis rendono i valori europei un’eresia intollerabile, questo romanzo sembra ancora più attuale.

“Note a margine de “Il Nome della Rosa””

Dopo la sua pubblicazione, il romanzo divenne un bestseller nel giro di pochi mesi. I lettori hanno semplicemente inondato l'autore di "Il nome della rosa" con lettere con domande sul libro. Così, nel 1983, U. Eco fece finalmente entrare i curiosi nel suo “laboratorio creativo”. Le “note a margine de “Il nome della rosa”” sono scritte in modo spiritoso e divertente. In essi, l'autore di bestseller svela i segreti di un romanzo di successo. Sei anni dopo l'uscita del romanzo, è stato girato Il nome della rosa. Il regista Jean-Jacques Annaud ha coinvolto attori famosi nelle riprese. ha interpretato abilmente il ruolo di Guglielmo di Baskerville. Il giovane ma talentuoso attore Christian Slater ha interpretato Adson. Il film ha avuto un grande successo al botteghino, è valso l'investimento e ha vinto numerosi premi in concorsi cinematografici. Ma lo stesso Eco era molto insoddisfatto di questo adattamento cinematografico. Credeva che lo sceneggiatore avesse notevolmente semplificato il suo lavoro, rendendolo un prodotto della cultura di massa. Da allora ha rifiutato tutti i registi che gli chiedevano la possibilità di filmare le sue opere.

Anno di scrittura:

1980

Momento della lettura:

Descrizione dell'opera:

Nel 1980, lo scrittore italiano Umberto Eco terminò di scrivere il suo primo romanzo, Il nome della rosa, che fu pubblicato in italiano quello stesso anno. Presto apparve una traduzione russa del romanzo, completata da Elena Kostyukovich.

Nel 1986, "Il nome della rosa" è stato girato dal regista Jean-Jacques Annaud, ma l'autore del romanzo, Umberto Eco, ha espresso insoddisfazione per il film, sebbene il film abbia ricevuto numerosi premi e ottenuto un notevole successo. Dopo questo incidente, Eco non permise a nessuno di filmare le sue opere. Leggi il riassunto del romanzo "Il nome della rosa".

Riassunto del romanzo
Nome della rosa

Gli Appunti di padre Adson di Melk caddero nel 1968 nelle mani di un futuro traduttore ed editore a Praga. Sul frontespizio del libro francese della metà del secolo scorso si legge che si tratta di un adattamento di un testo latino di del XVII secolo, riproducendo, a sua volta, il manoscritto, realizzato da un monaco tedesco alla fine del XIV secolo. Le indagini intraprese sull'autore della traduzione francese, dell'originale latino, nonché sull'identità dello stesso Adson, non hanno portato risultati. Successivamente, lo strano libro (forse un falso, esistente in un'unica copia) scompare dalla vista dell'editore, che ha aggiunto un altro anello all'inaffidabile catena di rivisitazioni di questa storia medievale.

Nei suoi anni di declino, il monaco benedettino Adson ricorda gli eventi a cui fu testimone e a cui partecipò nel 1327. L'Europa fu scossa da conflitti politici ed ecclesiali. L'imperatore Luigi affronta Papa Giovanni XXII. Allo stesso tempo, il papa combatte l'ordine monastico dei francescani, in cui prevaleva il movimento di riforma degli spiritualisti non acquisitivi, che in precedenza erano stati sottoposti a dura persecuzione da parte della curia papale. I francescani si uniscono all'imperatore e diventano una forza significativa nel gioco politico.

Durante questo tumulto, Adson, allora ancora giovane novizio, accompagna il francescano inglese Guglielmo di Baskerville in un viaggio attraverso le città e i più grandi monasteri d'Italia. Guglielmo - pensatore e teologo, scienziato naturalista, famoso per la sua potente mente analitica, amico di Guglielmo di Occam e allievo di Ruggero Bacone - svolge il compito dell'imperatore di preparare e condurre un incontro preliminare tra la delegazione imperiale dei francescani e rappresentanti della Curia, nell'abbazia dove avrà luogo, William e Adson arrivano qualche giorno prima dell'arrivo delle ambasciate. L'incontro dovrebbe configurarsi come una disputa sulla povertà di Cristo e della Chiesa e avrà lo scopo di chiarire le posizioni delle parti e la possibilità di una futura visita del generale francescano al soglio pontificio di Avignone;

Prima ancora di entrare nel monastero, Guglielmo sorprende i monaci usciti alla ricerca del cavallo fuggito con precise conclusioni deduttive. E l'abate dell'abbazia si rivolge subito a lui chiedendogli di condurre un'indagine sulla strana morte avvenuta nel monastero. Il corpo del giovane monaco Adelmo fu ritrovato in fondo al dirupo, forse gettato dalla torre di un alto edificio sospeso sull'abisso, qui chiamato Tempio; L'abate lascia intendere di conoscere le vere circostanze della morte di Adelmo, ma è vincolato da una confessione segreta, e quindi la verità deve uscire da altre labbra non sigillate.

Wilhelm riceve il permesso di intervistare tutti i monaci senza eccezioni ed esaminare tutti i locali del monastero, ad eccezione della famosa biblioteca del monastero. La più grande del mondo cristiano, paragonabile alle semileggendarie biblioteche degli infedeli, è situata all'ultimo piano del Tempio; Solo il bibliotecario e il suo assistente vi hanno accesso; solo loro conoscono la disposizione del magazzino, costruito come un labirinto, e il sistema di disposizione dei libri sugli scaffali. Altri monaci: copisti, rubricatori, traduttori, che affluiscono qui da tutta Europa, lavorano con i libri nella sala di copiatura - lo scriptorium. Solo il bibliotecario decide quando e come fornire un libro a chi lo richiede, e se fornirlo affatto, perché qui ci sono molte opere pagane ed eretiche.

Nello scriptorium, William e Adson incontrano il bibliotecario Malachia, il suo assistente Berengario, il traduttore dal greco, un seguace di Aristotele, Venanzio e il giovane retore Benzius. Il defunto Adelm, abile disegnatore, decorava i margini dei manoscritti con fantastiche miniature. Non appena i monaci ridono, guardandoli, il fratello cieco Jorge appare nello scriptorium rimproverando che il ridicolo e le chiacchiere sono indecenti nel monastero. Quest'uomo, glorioso in anni, rettitudine e erudizione, vive con il sentimento dell'inizio degli ultimi tempi e in previsione dell'imminente apparizione dell'Anticristo. Esaminando l'abbazia, Wilhelm giunge alla conclusione che Adelm, molto probabilmente, non è stato ucciso, ma si è suicidato gettandosi dalle mura del monastero, e il corpo è stato successivamente trasferito sotto il Tempio da una frana,

Ma quella stessa notte, il cadavere di Venanzio fu scoperto in un barile di sangue fresco di maiali macellati. Wilhelm, studiando le tracce, determina che il monaco è stato ucciso da qualche altra parte, molto probabilmente a Khramin, e gettato in una botte già morto. Ma intanto sul corpo non risultano ferite, danni o segni di lotta.

Notando che Benzius è più eccitato degli altri e Berengar è apertamente spaventato, Wilhelm interroga immediatamente entrambi. Berengar ammette di aver visto Adelm la notte della sua morte: il volto del disegnatore era come il volto di un uomo morto, e Adelm disse che era maledetto e condannato al tormento eterno, che descrisse in modo molto convincente al suo scioccato interlocutore. Benzio riferisce che due giorni prima della morte di Adelmo, nello scriptorium si svolse un dibattito sull'ammissibilità del ridicolo nella rappresentazione del divino e sul fatto che è meglio rappresentare le sante verità in corpi rozzi che in corpi nobili. Nel vivo della discussione, Berengario si lasciò sfuggire inavvertitamente, anche se in modo molto vago, qualcosa che era stato accuratamente nascosto nella biblioteca. La menzione di questo era associata alla parola "Africa", e nel catalogo, tra le designazioni comprensibili solo al bibliotecario, Benzius vide il visto "limite dell'Africa", ma quando, interessato, chiese un libro con questo visto, Malachia dichiarò che tutti questi libri erano andati perduti. Benzius parla anche di ciò a cui ha assistito mentre seguiva Berengario dopo la disputa. Wilhelm riceve conferma della versione del suicidio di Adelm: a quanto pare, in cambio di qualche servizio che potrebbe essere correlato alle capacità di Berengar come assistente bibliotecario, quest'ultimo persuase il relatore al peccato di sodomia, la cui gravità Adelm, però, non poteva sopportò e si affrettò a confessarsi al cieco Jorge, ma invece l'assoluzione ricevette una formidabile promessa di inevitabile e terribile punizione. La coscienza dei monaci locali è troppo eccitata, da un lato, da un doloroso desiderio di conoscenza dei libri, dall'altro dal ricordo costantemente terrificante del diavolo e dell'inferno, e questo spesso li costringe a vedere letteralmente con i propri occhi qualcosa di cui leggono o sentono parlare. Adelm si considera già caduto all'inferno e, disperato, decide di togliersi la vita.

William cerca di esaminare i manoscritti e i libri sulla scrivania di Venanzio nello scriptorium. Ma prima Jorge, poi Benzius, con vari pretesti, lo distraggono. Wilhelm chiede a Malachia di mettere qualcuno di guardia al tavolo, e di notte, insieme ad Adson, ritorna qui attraverso il passaggio sotterraneo scoperto, che il bibliotecario utilizza dopo aver chiuso la sera le porte del Tempio dall'interno. Tra le carte di Venanzio trovano una pergamena con estratti e segni crittografici incomprensibili, ma sul tavolo non c'è nessun libro che Guglielmo abbia visto qui durante il giorno. Qualcuno segnala la propria presenza nello scriptorium con un suono distratto. Wilhelm si lancia all'inseguimento e all'improvviso la luce della lanterna illumina il libro che il fuggitivo ha lasciato cadere, ma lo sconosciuto riesce ad afferrarlo prima di Wilhelm e a scappare.

Di notte, la paura custodisce la biblioteca più forte delle serrature e dei divieti. Molti monaci credono che creature terribili e le anime dei bibliotecari morti vaghino nell'oscurità tra i libri. Wilhelm è scettico riguardo a tali superstizioni e non perde l'occasione di studiare la volta, dove Adson sperimenta gli effetti di specchi deformanti che generano illusioni e di una lampada imbevuta di una composizione che induce la visione. Il labirinto si rivela più complicato di quanto Wilhelm si aspettasse e solo per caso riescono a scoprire l'uscita. Dall'allarmato abate vengono a sapere della scomparsa di Berengario.

L'assistente bibliotecario morto viene ritrovato solo il giorno dopo in uno stabilimento balneare situato accanto all'ospedale del monastero. L'erborista e guaritore Severin attira l'attenzione di Wilhelm sul fatto che Berengar ha tracce di una sostanza sulle sue dita. L'erborista dice di aver visto gli stessi a Venanzio, quando il cadavere fu lavato dal sangue. Inoltre, la lingua di Berengar è diventata nera: a quanto pare il monaco è stato avvelenato prima di annegare nell'acqua. Severin dice che una volta teneva una pozione estremamente velenosa, le cui proprietà lui stesso non conosceva, e in seguito scomparve in strane circostanze. Malachia, l'abate e Berengario sapevano del veleno.

Nel frattempo le ambasciate stanno arrivando al monastero. L'inquisitore Bernard Guy arriva con la delegazione papale. Wilhelm non nasconde la sua antipatia per lui personalmente e per i suoi metodi. Bernard annuncia che d'ora in poi indagherà lui stesso sugli incidenti avvenuti nel monastero, che, a suo avviso, sanno fortemente di diavolo.

Wilhelm e Adson entrano di nuovo nella biblioteca per elaborare un piano per il labirinto. Si scopre che i magazzini sono contrassegnati da lettere che, se esaminate in un certo ordine, formano parole trabocchetto e nomi di paesi. Viene scoperto anche il "limite dell'Africa": una stanza mascherata e ben chiusa, ma non trovano il modo di entrarvi. Bernard Guy ha arrestato e accusato di stregoneria un assistente medico e una ragazza del villaggio, che porta di notte per soddisfare la brama del suo protettore per i resti dei pasti del monastero; Anche Adson l'aveva incontrata il giorno prima e non aveva resistito alla tentazione. Ora il destino della ragazza è deciso: come strega andrà sul rogo.

La discussione fraterna tra i francescani e i rappresentanti del papa si trasforma in una volgare rissa, durante la quale Severin informa Guglielmo, rimasto in disparte dalla battaglia, di aver trovato uno strano libro nel suo laboratorio. La loro conversazione viene ascoltata dal cieco Jorge, ma Benzius immagina anche che Severin abbia scoperto qualcosa lasciato da Berengar. La disputa, ripresa dopo una pacificazione generale, fu interrotta dalla notizia che l'erborista era stato trovato morto in ospedale e l'assassino era già stato catturato.

Il cranio dell'erborista venne schiacciato da un globo celeste di metallo posato sul tavolo del laboratorio. Wilhelm sta cercando tracce della stessa sostanza sulle dita di Severin di Berengar e Venanzio, ma le mani dell'erborista sono coperte da guanti di pelle usati quando lavora con droghe pericolose. Sul luogo del delitto viene sorpreso il cellario Remigius, il quale tenta invano di giustificarsi e dichiara di essere giunto in ospedale quando Severin era già morto. Benzius racconta a Guglielmo che è stato uno dei primi a correre qui, poi osserva quelli che entrano ed è sicuro: Malachia era già qui, aspettava in una nicchia dietro la tenda, e poi si mescolava silenziosamente con gli altri monaci. Wilhelm è convinto che nessuno possa aver portato via di qui di nascosto il grosso libro e, se l'assassino è Malachia, deve essere ancora nel laboratorio. Wilhelm e Adson iniziano la loro ricerca, ma perdono di vista il fatto che a volte i manoscritti antichi erano rilegati più volte in un unico volume. Di conseguenza, il libro passa inosservato a loro, tra gli altri appartenuti a Severin, e finisce con il più perspicace Benzius.

Bernard Guy tiene un processo contro il cellario e, dopo averlo condannato per appartenenza a uno dei movimenti eretici, lo costringe ad accettare la colpa degli omicidi nell'abbazia. L'inquisitore non è interessato a chi abbia effettivamente ucciso i monaci, ma cerca di dimostrare che l'ex eretico, ora dichiarato assassino, condivideva le opinioni degli spiritualisti francescani. Ciò gli permette di interrompere l'incontro, che, a quanto pare, era lo scopo per cui era stato inviato qui dal papa.

Alla richiesta di Guglielmo di restituire il libro, Benzius risponde che, senza nemmeno iniziare a leggere, lo ha restituito a Malachia, dal quale ha ricevuto un'offerta per prendere il posto vacante di assistente bibliotecario. Poche ore dopo, durante una funzione religiosa, Malachia muore in preda alle convulsioni, la sua lingua è nera e sulle dita ci sono segni che sono già familiari a William.

L'abate annuncia a Guglielmo che il francescano non è stato all'altezza delle sue aspettative e la mattina dopo dovrà lasciare il monastero con Adson. Wilhelm obietta di sapere da tempo dei monaci della sodomia, il regolamento di conti tra i quali l'abate considerava la causa dei crimini. Ma non è questo il vero motivo: muore chi sa dell’esistenza del “limite dell’Africa” in biblioteca. L’abate non può nascondere che le parole di Guglielmo lo hanno portato a qualche supposizione, ma insiste con ancora maggiore fermezza sulla partenza dell’inglese; Ora intende prendere in mano la situazione e sotto la propria responsabilità.

Ma Wilhelm non si ritirerà, perché è arrivato vicino alla decisione. Per caso Adson riesce a leggere nella scrittura segreta di Venanzio la chiave che apre il “limite dell’Africa”. La sesta notte della loro permanenza nell'abbazia entrano nella stanza segreta della biblioteca. Il cieco Jorge li aspetta dentro.

Wilhelm si aspettava di incontrarlo qui. Le stesse omissioni dei monaci, le voci nel catalogo della biblioteca e alcuni fatti gli hanno permesso di scoprire che Jorge una volta era un bibliotecario, e quando sentì che stava diventando cieco, insegnò prima al suo primo successore, poi Malachia. Né l'uno né l'altro potevano lavorare senza il suo aiuto e non facevano un solo passo senza chiederglielo. Anche l'abate dipendeva da lui, poiché riceveva la sua posizione con il suo aiuto. Da quarant'anni il cieco è il sovrano maestro del monastero. E credeva che alcuni manoscritti della biblioteca dovessero rimanere per sempre nascosti agli occhi di chiunque. Quando, per colpa di Berengario, una di loro, forse la più importante, lasciò queste mura, Jorge fece ogni sforzo per riportarla indietro. Questo libro è la seconda parte della Poetica di Aristotele, considerata perduta, ed è dedicata al riso e al divertente nell'arte, alla retorica e all'abilità di persuasione. Affinché la sua esistenza rimanga segreta, Jorge non esita a commettere un crimine, perché è convinto: se la risata sarà santificata dall'autorità di Aristotele, l'intera gerarchia di valori medievale stabilita crollerà e la cultura coltivata nei monasteri lontani dal mondo, la cultura degli eletti e degli iniziati verrà spazzata via dal territorio urbano, di base.

Jorge ammette di aver capito fin dall'inizio: prima o poi Wilhelm avrebbe scoperto la verità e osservò passo dopo passo come l'inglese si avvicinava ad essa. Consegna a Wilhelm un libro, per il desiderio di vedere quale cinque persone hanno già pagato con la vita, e si offre di leggerlo. Ma il francescano dice di aver svelato questo suo diabolico trucco, e ripristina il corso degli eventi. Molti anni fa, dopo aver sentito qualcuno nello scriptorium esprimere interesse per il “limite dell'Africa”, l'ancora vedente Jorge ruba il veleno a Severin, ma non lo usa immediatamente. Ma quando Berengario, per vantarsi con Adelmo, un giorno si comportò in modo sfrenato, il vecchio già cieco sale di sopra e satura di veleno le pagine del libro. Adelmo, che ha accettato un peccato vergognoso pur di toccare il segreto, non approfitta dell'informazione ottenuta a tale prezzo, ma, preso da orrore mortale dopo aver confessato a Jorge, racconta tutto a Venanzio. Venanzio si avvicina al libro, ma per separare i morbidi fogli di pergamena deve bagnarsi le dita sulla lingua. Muore prima di poter lasciare il Tempio. Berengar trova il corpo e, temendo che le indagini rivelino inevitabilmente cosa è successo tra lui e Adelm, trasferisce il cadavere in un barile di sangue. Tuttavia si interessò anche al libro, che strappò quasi dalle mani di Wilhelm nello scriptorium. Lo porta in ospedale, dove può leggere di notte senza timore di essere notato da nessuno. E quando il veleno comincia a fare effetto, si precipita nella vasca nella vana speranza che l'acqua spenga le fiamme che lo divorano dall'interno. È così che il libro arriva a Severin. Il messaggero di Jorge, Malachia, uccide l'erborista, ma muore lui stesso, volendo scoprire cosa c'è di così proibito nell'oggetto che lo ha reso un assassino. L'ultimo di questa fila è l'abate. Dopo una conversazione con Wilhelm, chiese inoltre a Jorge una spiegazione: chiese di aprire il “limite dell'Africa” e di porre fine al segreto stabilito nella biblioteca dal cieco e dai suoi predecessori. Adesso sta soffocando in un sacco di pietra di un altro passaggio sotterraneo verso la biblioteca, dove Jorge lo ha rinchiuso e poi ha rotto i meccanismi di controllo della porta.

"Quindi i morti sono morti invano", dice Wilhelm: ora il libro è stato ritrovato ed è riuscito a proteggersi dal veleno di Jorge. Ma in adempimento del suo piano, l'anziano è pronto ad accettare lui stesso la morte. Jorge strappa il libro e mangia le pagine avvelenate, e quando Wilhelm cerca di fermarlo, corre, esplorando accuratamente la biblioteca a memoria. La lampada in mano agli inseguitori dà loro ancora qualche vantaggio. Tuttavia, il cieco sorpreso riesce a portare via la lampada e a gettarla da parte. L'olio versato provoca un incendio;

Wilhelm e Adson corrono a prendere l'acqua, ma tornano troppo tardi. Gli sforzi di tutti i fratelli, allarmati, non portano da nessuna parte; L'incendio divampa e si propaga dal Tempio prima alla chiesa, poi al resto degli edifici.

Davanti agli occhi di Adson, il monastero più ricco si trasforma in cenere. L'abbazia brucia per tre giorni. Alla fine del terzo giorno i monaci, raccolto quel poco che erano riusciti a salvare, lasciano le rovine fumanti come un luogo maledetto da Dio.

Si prega di notare che il riassunto del romanzo "Il nome della rosa" non riflette il quadro completo degli eventi e delle caratteristiche dei personaggi. Ti consigliamo di leggere la versione completa dell'opera.

Inviare il tuo buon lavoro nella knowledge base è semplice. Utilizza il modulo sottostante

Studenti, dottorandi, giovani scienziati che utilizzano la base di conoscenze nei loro studi e nel loro lavoro ti saranno molto grati.

postato su http://www.allbest.ru/

CONpossesso

introduzione

1. Caratteristiche generali della letteratura italiana

2. Il sistema figurativo del romanzo di U. Eco “Il nome della rosa”

3. Problemi del romanzo di U. Eco “Il nome della rosa”

Conclusione

Elenco delle fonti utilizzate

INconduzione

Una delle figure apparse con notevole ritardo nel campo visivo del lettore di lingua russa è il semiologo, scrittore e filosofo italiano Umberto Eco. Per il lettore di lingua russa, U. Eco può diventare una guida della cultura italiana e illuminarne molti aspetti, quindi lo studio della sua opera è un compito molto urgente in Russia.

In Russia il nome di Umberto Eco risuonò forte per la prima volta nel 1988 in occasione della pubblicazione della traduzione russa del romanzo “Il nome della rosa” (pote della rosa, 1980), mentre nei paesi occidentali si cominciò a parlare dell'italiano intellettuale nel 1962, dopo la pubblicazione del suo primo libro, “Opera aperta”. Pertanto, Eco divenne noto al grande lettore russo principalmente come romanziere.

Tuttavia, "Il nome della rosa" è una delle opere più importanti dello scrittore oggi, che determina la rilevanza del test.

Oggetto della prova è il romanzo “Il nome della rosa” di U. Eco, l'obiettivo è analizzare le problematiche e l'impianto figurativo del romanzo.

1. Caratteristiche generali della letteratura italiana

La lingua italiana moderna deriva dal latino, parlato nella penisola dopo il crollo dell'Impero Romano. Non sappiamo ancora fino a che punto questa lingua fosse simile al latino letterario classico. Molto probabilmente era una miscela di entrambe le lingue. Un piccolo numero di parole di origine greca furono prese in prestito durante l'epoca del dominio bizantino, altre arrivarono più tardi con i crociati. In Sicilia si possono trovare diverse parole arabe, queste sono tracce della sua conquista da parte dei Saraceni. Altre parole provengono indirettamente dal latino, passando per il francese e il provenzale, mentre il lungo periodo della conquista teutonica ha avuto meno influenza sul vocabolario italiano e parole di origine germanica si trovano meno frequentemente.

La letteratura, sia scritta che orale, fiorì nel XIII secolo. Fu un periodo di rinascita politica e culturale. Dopo secoli di conquiste barbariche, era finalmente iniziato un periodo di rinascita della letteratura e dell'arte. Tra i generi più apprezzati ci sono: la poesia religiosa, la poesia vagabonda, la satira comica di Checo Anguilleri, la letteratura galante (chansons de geste dal francese), la prosa didascalica e moralistica di Brunetto Latini e la poesia d'amore popolare.

La letteratura italiana, in senso stretto, inizia all'inizio del XIII secolo. Tra le opere che vale la pena menzionare ci sono le prime liriche di San Francesco d'Assia, che scrisse uno dei primi poemi italiani, la famosa "Cantica del Sole", o "Laudes Creaturarum" (1225), una "sublime improvvisazione" continua che un'opera letteraria. Il movimento letterario più importante fu quello che Dante chiamò “Dolce stil novo”.

Tra gli scrittori di maggior successo degli ultimi decenni meritano di essere citati: Italo Calvano, i cui racconti filosofici hanno una trama originale e fantastica (“I nostri antenati”); Corlo Emilio Gaddam, che usa un linguaggio antitradizionale per rappresentare la società moderna; Dino Busatti ("Il deserto dei Tartari") ed Elsa Morante ("La storia"), che studiano la psicologia umana. Il racconto storico mistico di Umberto Eco "Il nome della rosa" ha ottenuto riconoscimenti internazionali.

2. Il sistema figurativo del romanzo di U. Eco “Il nome della rosa”

Nel suo romanzo “Il nome della rosa”, Umberto Eco dipinge un quadro del mondo medievale e descrive gli eventi storici con estrema accuratezza. L'autore ha scelto una composizione interessante per il suo romanzo. Nella cosiddetta introduzione, l'autore riferisce di essersi imbattuto in un vecchio manoscritto di un monaco di nome Adson, che racconta gli eventi che gli accaddero nel XIV secolo. "In uno stato di eccitazione nervosa", l'autore "si diverte con il racconto terrificante di Adson" e lo traduce per "il lettore moderno". L'ulteriore resoconto degli eventi è presumibilmente una traduzione di un antico manoscritto.

Lo stesso manoscritto di Adson è diviso in sette capitoli, in base al numero di giorni, e ogni giorno in episodi dedicati al servizio. Pertanto, l'azione nel romanzo si svolge nell'arco di sette giorni.

Il racconto inizia con un prologo: “In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio”.

L'opera di Adson ci rimanda agli avvenimenti del 1327, “quando l'imperatore Luigi entrò in Italia e si preparò, secondo la provvidenza dell'Altissimo, a svergognare il vile usurpatore, venditore di Cristo ed eresiarca, che ad Avilion coprì il santo nome di l’Apostolo con vergogna”. Adson introduce il lettore agli eventi che lo hanno preceduto. All’inizio del secolo papa Clemente V trasferì la sede apostolica ad Avignone, abbandonando Roma al saccheggio dei sovrani locali”. “Nel 1314, cinque sovrani tedeschi a Francoforte elessero Luigi di Baviera sovrano supremo dell'impero. Tuttavia, lo stesso giorno, sulla riva opposta del Meno, il conte palatino del Reno e l’arcivescovo della città di Colonia elessero allo stesso regno Federico d’Austria. “Nel 1322 Luigi di Baviera sconfisse il suo rivale Federico. Giovanni (il nuovo papa) scomunicò il vincitore e dichiarò il papa eretico. Fu in quest'anno che si riunì a Perugia il capitolo dei frati francescani e il loro generale Michele Tsezensky<...>ha proclamato la povertà di Cristo come verità di fede. Papà era infelice<...>, nel 1323 si ribellò alla dottrina dei francescani<...>Luigi, a quanto pare, vide poi nei francescani, ormai ostili al papa, potenti compagni d'armi<...>Luigi, dopo aver concluso un'alleanza con lo sconfitto Federico, entrò in Italia, accettò la corona a Milano, represse il malcontento dei Visconti e assediò Pisa con truppe.<...>ed entrò rapidamente in Roma."

Questi sono gli eventi di quel tempo. C'è da dire che Umberto Eco, da vero esperto di Medioevo, è estremamente preciso negli avvenimenti descritti.

Quindi, gli eventi si svolgono all'inizio del XIV secolo. Al monastero arriva un giovane monaco, Adson, per conto del quale si racconta la storia, assegnato al dotto francescano Guglielmo di Baskerville. Guglielmo, ex inquisitore, è incaricato di indagare sulla morte inaspettata del monaco Adelmo di Otran. Wilhelm e il suo assistente iniziano un'indagine. Possono parlare e camminare ovunque tranne che in biblioteca. Ma l'indagine finisce in un vicolo cieco, perché tutte le radici del crimine portano alla biblioteca, che è il valore principale e il tesoro dell'abbazia, che ospita un numero enorme di libri inestimabili. Anche ai monaci è vietato entrare nella biblioteca e i libri non vengono distribuiti a tutti e non a tutti quelli disponibili in biblioteca. Inoltre, la biblioteca è un labirinto; ad essa sono associate leggende sui fuochi fatui e sui “mostri”. Wilhelm e Adson visitano la biblioteca col favore dell'oscurità, dalla quale riescono a malapena a scappare. Lì incontrano nuovi misteri.

Wilhelm e Adson rivelano la vita segreta dell'abbazia (incontri di monaci con donne corrotte, omosessualità, uso di droghe). Lo stesso Adson cede alla tentazione di una contadina locale.

In questo momento nell'abbazia vengono commessi nuovi omicidi (Venantius viene trovato in una botte di sangue, Berengar di Arundel in un bagno d'acqua, Severin di St. Emmeran nella sua stanza con le erbe), collegati allo stesso segreto, che conduce alla biblioteca, cioè a un certo libro. Wilhelm e Adson riescono a svelare parzialmente il labirinto della biblioteca e a trovare il nascondiglio "Il limite dell'Africa", una stanza murata in cui è custodito il prezioso libro.

Per risolvere gli omicidi, il cardinale Bertrand di Podget arriva all'abbazia e si mette subito al lavoro. Detiene Salvator, un miserabile mostro che, volendo attirare l'attenzione di una donna con l'aiuto di un gatto nero, un gallo e due uova, è stato arrestato insieme a una sfortunata contadina. La donna (Adson la riconobbe come sua amica) fu accusata di stregoneria e imprigionata.

Durante l'interrogatorio, il cellario Remigius racconta del tormento di Dolchin e Margarita, che furono bruciati sul rogo, e di come non abbia resistito, sebbene avesse una relazione con Margarita. Disperato, il cellario si fa carico di tutti gli omicidi: Adelma di Ontario, Venanzio di Salvemek “perché troppo dotto”, Berengario di Arundel “per odio verso la biblioteca”, Severin di Sant’Emeran “per aver raccolto erbe”.

Ma Adson e Wilhelm riescono a svelare il mistero della biblioteca. Jorge, un vecchio cieco, capo custode della biblioteca, nasconde a tutti "Il limite dell'Africa", che contiene il secondo libro della "Poetica" di Aristotele, di grande interesse, attorno al quale ci sono infinite controversie nell'abbazia . Ad esempio, è vietato ridere nell'abbazia. Jorge agisce come una sorta di giudice nei confronti di tutti coloro che ridono in modo inappropriato o addirittura disegnano immagini divertenti. Secondo lui Cristo non ha mai riso e proibisce agli altri di ridere. Tutti trattano Jorge con rispetto. Hanno paura di lui. Tuttavia, Jorge per molti anni fu il vero sovrano dell'abbazia, che conosceva e nascondeva tutti i suoi segreti agli altri, quando cominciò a diventare cieco, permise ad un monaco ignorante di entrare nella biblioteca e mise un monaco a capo dell'abbazia. abbazia, che gli era subordinata. Quando la situazione è andata fuori controllo e molte persone hanno voluto svelare il mistero del "limite dell'Africa" ​​e impossessarsi del libro di Aristotele, Jorge ruba il veleno dal laboratorio di Severin e con esso satura le pagine del prezioso libro. I monaci, girandosi e bagnandosi le dita con la saliva, muoiono gradualmente con l'aiuto di Malachia, Jorge uccide Severin, rinchiude l'Abate, che muore anche lui;

Wilhelm e il suo assistente svelano tutto questo. Alla fine, Jorge dà loro da leggere la Poetica di Aristotele, che contiene le idee confutanti di Jorge sulla peccaminosità della risata. Secondo Aristotele la risata ha valore educativo; la equipara all'arte. Per Aristotele la risata è una “forza buona e pura”. La risata può eliminare la paura; quando un uomo ride, non ha nulla a che fare con la morte. “Tuttavia, la legge può essere mantenuta solo attraverso la paura”. Da questa idea «potrebbe sprigionarsi una scintilla luciferina»; da questo libro «potrebbe nascere un nuovo, schiacciante desiderio di distruggere la morte attraverso la liberazione dalla paura». Questo è ciò di cui Jorge ha tanta paura. Per tutta la vita Jorge non ha riso e ha proibito agli altri di farlo, questo vecchio cupo, nascondendo la verità a tutti, ha stabilito bugie.

Come risultato dell'inseguimento di Jorge, Adson lascia cadere la lanterna e nella biblioteca scoppia un incendio che non può essere spento. Tre giorni dopo l'intera abbazia viene rasa al suolo. Solo pochi anni dopo, Adson, viaggiando per quei luoghi, torna alle ceneri, trova diversi frammenti preziosi e poi, con una parola o una frase, può ripristinare almeno un insignificante elenco di libri perduti.

Questa è la trama interessante del romanzo. "Il nome della rosa" è una sorta di romanzo poliziesco, la cui azione si svolge in un monastero medievale.

Il critico Cesare Zaccaria ritiene che il fascino dello scrittore nei confronti del genere poliziesco sia dovuto al fatto che “questo genere, meglio di altri, ha saputo esprimere l’insaziabile carica di violenza e di paura insita nel mondo in cui viviamo”. Sì, senza dubbio, molte situazioni particolari del romanzo e il suo conflitto principale possono essere pienamente “lette” come un riflesso allegorico della situazione dell'attuale XX secolo.

3. Problemi del romanzo di U. Eco “Il nome della rosa”

Gli eventi del romanzo ci portano a credere che si tratti di un romanzo poliziesco. L'autore, con sospettosa tenacia, offre proprio questa interpretazione.

Lotman Yu scrive che “il fatto stesso che il monaco francescano del XIV secolo, l'inglese Guglielmo di Baskerville, distinto per la sua notevole intuizione, rimanda il lettore con il suo nome alla storia della più famosa impresa investigativa di Sherlock Holmes, e. il suo cronista porta il nome Adson (una trasparente allusione a Watson in Conan Doyle), orienta il lettore in modo abbastanza chiaro. Questo è anche il ruolo dei riferimenti alle droghe che Sherlock Holmes del XIV secolo utilizza per mantenere l'attività intellettuale. Come il suo omologo inglese, periodi di indifferenza e prostrazione nella sua attività mentale sono intervallati da periodi di eccitazione legati alla masticazione di erbe misteriose. Fu durante questi ultimi periodi che le sue capacità logiche e la sua forza intellettuale si rivelarono in tutto il loro splendore. Le primissime scene che ci introducono a Guglielmo di Baskerville sembrano essere citazioni parodistiche dell'epopea di Sherlock Holmes: il monaco descrive accuratamente l'aspetto di un cavallo in fuga, che non ha mai visto, e altrettanto accuratamente “calcola” dove dovrebbe essere cercato, e poi ricostruisce il quadro dell'omicidio - il primo di quanto accaduto tra le mura dello sfortunato monastero, in cui si svolge la trama del romanzo, anche se anch'io non ne sono stato testimone."

Lotman Yu suggerisce che questo è un romanzo poliziesco medievale, e il suo eroe è un ex inquisitore (inquisitore latino - investigatore e ricercatore allo stesso tempo, inquistor rerom naturae - ricercatore della natura, quindi Wilhelm non ha cambiato la sua professione, ma ha solo cambiato. la sfera di applicazione delle sue capacità logiche) - questo Sherlock Holmes nella tonaca di un francescano, chiamato a svelare un crimine estremamente ingegnoso, neutralizzare i piani e cadere come una spada punitiva sulle teste dei criminali. Dopotutto, Sherlock Holmes non è solo un logico - è anche il poliziotto conte di Monte Cristo - una spada nelle mani di un Potere Superiore (Monte Cristo - la Provvidenza, Sherlock Holmes - la Legge). Supera il Male e non gli permette di trionfare.

Tuttavia, nel romanzo di W. Eco, gli eventi non si sviluppano affatto secondo i canoni di un romanzo poliziesco, e l'ex inquisitore, il francescano Guglielmo di Baskerville, risulta essere uno Sherlock Holmes molto strano. Le speranze che l'abate del monastero e i lettori ripongono in lui sono decisamente disattese: arriva sempre troppo tardi. I suoi arguti sillogismi e le sue conclusioni ponderate non impediscono nessuno dell'intera catena di crimini che costituiscono lo strato poliziesco della trama del romanzo, e il misterioso manoscritto, la cui ricerca ha dedicato così tanti sforzi, energia e intelligenza, muore proprio all'ultimo momento, scivolando per sempre dalle sue mani.

Y. Lotman scrive: “Alla fine, l'intera linea “investigativa” di questo strano detective risulta essere completamente oscurata da altre trame. L'interesse del lettore si sposta su altri eventi, e inizia a rendersi conto di essere stato semplicemente ingannato, che, avendo evocato nella sua memoria le ombre dell'eroe de "Il mastino di Baskerville" e del suo fedele compagno-cronista, l'autore ci ha invitato a prendere parte a un gioco e lui stesso gioca a un gioco completamente diverso. È naturale che il lettore cerchi di capire quale gioco si sta giocando con lui e quali sono le regole di questo gioco. Lui stesso si ritrova nella posizione di un detective, ma alle tradizionali domande che tormentano sempre tutti gli Sherlock Holmes, Maigret e Poirot: chi e perché ha commesso (sta commettendo) l'omicidio (gli omicidi), se ne aggiunge una molto più complessa: perché e perché l'astuto semiologo milanese, che appare sotto una triplice maschera: un monaco benedettino di un monastero provinciale tedesco del XIV secolo, il famoso storico di quest'ordine, padre J. Mabillon, e il suo mitico traduttore francese, l'abate Vallee?

Secondo Lotman, l'autore sembra aprire al lettore due porte contemporaneamente, che conducono in direzioni opposte. Su uno dice: romanzo poliziesco, sull'altro: romanzo storico. Una bufala con la storia di una rarità bibliografica presumibilmente ritrovata e poi perduta, ci rimanda in modo parodistico e francamente agli inizi stereotipati dei romanzi storici, come i primi capitoli fanno con un romanzo poliziesco.

Il nucleo nascosto della trama del romanzo è la lotta per il secondo libro della Poetica di Aristotele. Il desiderio di Wilhelm di trovare un manoscritto nascosto nel labirinto della biblioteca del monastero e il desiderio di Jorge di impedirne il ritrovamento sono al centro del duello intellettuale tra questi personaggi, il cui significato viene rivelato al lettore solo nelle ultime pagine del romanzo. . È una lotta per ridere. Nel secondo giorno della sua permanenza nel monastero, Guglielmo “estrae” da Bentius il contenuto di un'importante conversazione avvenuta recentemente nello scriptorium. “Jorge ha detto che è inappropriato dotare i libri contenenti verità di disegni ridicoli. E Venanzio ha detto che anche Aristotele parla di scherzi e giochi verbali come mezzi per una migliore conoscenza delle verità e che, quindi, la risata non può essere una cosa negativa se contribuisce a la rivelazione delle verità<...>Venanzio, che conosce molto bene... conosceva molto bene il greco, disse che Aristotele ha deliberatamente dedicato al riso un libro, il secondo libro della sua Poetica, e che se un così grande filosofo dedica un intero libro al riso, il riso deve essere un'espressione seria cosa."

Per Wilhelm la risata è associata a un mondo mobile e creativo, a un mondo aperto alla libertà di giudizio. Il Carnevale libera la mente. Ma il carnevale ha un altro volto: quello della ribellione.

Il cantiniere Remigius spiega a Wilhelm perché si è unito alla ribellione di Dolcino: “...non riesco nemmeno a capire perché ho fatto quello che ho fatto allora. Vedi, nel caso di Salvador, tutto è abbastanza comprensibile infanzia: squallore, fame... Per lui Dolcin personificava la lotta, la distruzione del potere dei padroni... Ma per me era tutto diverso. I miei genitori erano cittadini, per me non vedevo la fame! era come... non so come! diciamo... Qualcosa di simile a una grande festa, come un carnevale a Dolchin in montagna, finché non cominciammo a mangiare la carne dei nostri compagni morti in battaglia.. . Fino a quando tante persone morirono di fame che non era più possibile mangiare o nutrirsi gettammo cadaveri dalle pendici del Rebello per farli mangiare dagli avvoltoi e dai lupi... E forse anche allora... ne respirammo l'aria. ..come dovremmo dirlo?

Fino ad allora non sapevo cosa fosse la libertà." "Era un carnevale sfrenato, e ai carnevali tutto è sempre sottosopra."

Umberto Eco, secondo Y. Lotman, conosce perfettamente la teoria del carnevale di M. M. Bachtin e il segno profondo che ha lasciato non solo nella scienza, ma anche nel pensiero sociale dell'Europa della metà del XX secolo. Conosce e tiene conto delle opere di Huizinga e di libri come “The Feast of Jesters” di H. G. Cox. Ma la sua interpretazione del riso e del carnevale, che capovolge tutto, non coincide completamente con quella di Bachtin. Non sempre la risata è al servizio della libertà.

Secondo Lutman Yu., il romanzo di Eco è, ovviamente, una creazione del pensiero odierno e non avrebbe potuto essere creato nemmeno un quarto di secolo fa. Mostra l’impatto della ricerca storica, che negli ultimi decenni ha sottoposto a revisione molte idee profondamente radicate sul Medioevo. Dopo il lavoro dello storico francese Le Goff, intitolato provocatoriamente “Per il Nuovo Medioevo”, l’atteggiamento nei confronti di quest’epoca subì un ampio ripensamento. Nelle opere degli storici Philippe Aries, Jacques Delumeau (Francia), Carlo Ginzburg (Italia), A. Ya Gurevich (URSS) e molti altri, l'interesse per il flusso della vita, per “personalità non storiche”, “mentalità,. ” cioè, è venuto alla ribalta, cioè a quelle caratteristiche della visione storica del mondo che le persone stesse considerano così naturali da semplicemente non notare, alle eresie come riflesso di questa mentalità popolare. Ciò cambiò radicalmente il rapporto tra storico e romanziere storico, appartenente alla tradizione artisticamente più significativa che proveniva da Walter Scott e alla quale appartenevano Manzoni, Puskin e Leone Tolstoj (i romanzi storici sui “grandi uomini” raramente portavano al successo artistico, ma erano spesso apprezzati dai lettori più indiscriminati). Se prima un romanziere poteva dire: mi interessa ciò che gli storici non fanno, ora lo storico introduce il lettore in quegli angoli del passato che prima erano visitati solo dai romanzieri.

Umberto Eco chiude questo cerchio: storico e romanziere allo stesso tempo, scrive un romanzo, ma guarda con gli occhi di uno storico, la cui posizione scientifica è modellata dalle idee dei nostri giorni. Un lettore informato rileverà nel romanzo echi di discussioni sull’utopia medievale del “paese di Kokany” (Kukany) e un’ampia letteratura sul mondo invertito (l’interesse per i testi “rovesciati” è diventato davvero epidemico negli ultimi due decenni ). Ma non solo una visione moderna del Medioevo: nel romanzo di Umberto Eco il lettore si trova costantemente di fronte a una discussione di questioni che toccano non solo gli interessi storici, ma anche quelli attuali dei lettori. Scopriremo immediatamente il problema della tossicodipendenza, i dibattiti sull'omosessualità, le riflessioni sulla natura dell'estremismo di sinistra e di destra, le discussioni sulla partnership inconscia tra vittima e carnefice, nonché la psicologia della tortura - tutto questo allo stesso modo appartiene sia al XIV che al XX secolo.

Nel romanzo riecheggia con insistenza un motivo trasversale: l'utopia realizzata con l'aiuto dei flussi di sangue (Dolcino), e il servizio della verità con l'aiuto della menzogna (l'Inquisitore). Questo è un sogno di giustizia, i cui apostoli non risparmiano né la propria vita né quella degli altri. Spezzato dalla tortura, Remigius grida ai suoi inseguitori: “Volevamo un mondo migliore, pace e bontà per tutti. Volevamo uccidere la guerra, la guerra che voi portate nel mondo. Tutte le guerre sono a causa della vostra avarizia ci pugnali negli occhi con quello Per giustizia e felicità abbiamo versato un po' di sangue Tutto il problema è che ne abbiamo versato troppo poco Ed era necessario che tutta l'acqua di Carnasco! l’acqua quel giorno a Stavello, divenne rossa”.

Ma non solo l’utopia è pericolosa, ogni verità che esclude il dubbio è pericolosa. Così anche lo studente di Wilhelm a un certo punto è pronto ad esclamare: "È un bene che l'Inquisizione sia arrivata in tempo", perché è stato "preso dalla sete di verità". La verità indubbiamente genera fanatismo. Verità senza dubbio, pace senza riso, fede senza ironia: questo non è solo l'ideale dell'ascetismo medievale, è anche il programma del totalitarismo moderno. E quando alla fine del romanzo gli avversari si trovano faccia a faccia, vediamo immagini non solo del XIV, ma anche del XX secolo. "Tu sei il diavolo", dice Wilhelm a Jorge.

Eco non veste la modernità con gli abiti del Medioevo e non costringe francescani e benedettini a discutere i problemi del disarmo generale o dei diritti umani. Ha semplicemente scoperto che sia il tempo di Guglielmo di Baskerville che quello del suo autore sono un'unica epoca, che dal Medioevo ai giorni nostri siamo alle prese con le stesse domande e che, quindi, è possibile, senza violare la verosimiglianza storica , per creare un romanzo d'attualità dalla vita del XIV secolo.

La correttezza di questo pensiero è confermata da una considerazione significativa. L'azione del romanzo si svolge in un monastero, la cui biblioteca contiene una ricca collezione di Apocalissi, una volta portata da Jorge dalla Spagna. Jorge è pieno di aspettative escatologiche e ne contagia l'intero monastero. Predica il potere dell'Anticristo, che ha già soggiogato il mondo intero, intrecciandolo con la sua congiura, ed è diventato il principe di questo mondo: “È intenso nei suoi discorsi e nelle sue opere, e nelle città e nei possedimenti, nelle sue arroganti università e nelle cattedrali”. Il potere dell'Anticristo supera il potere di Dio, il potere del Male è più forte del potere del Bene. Questo sermone semina paura, ma nasce anche dalla paura. In un’epoca in cui il terreno cede sotto i piedi alle persone, il passato perde fiducia e il futuro è dipinto con colori tragici, le persone sono travolte da un’epidemia di paura. Sotto il potere della paura, le persone si trasformano in una folla, sopraffatta da miti atavici. Dipingono un quadro terribile della marcia vittoriosa del diavolo, immaginano le misteriose e potenti cospirazioni dei suoi servi, iniziano una caccia alle streghe e cercano nemici pericolosi ma invisibili. Si crea un'atmosfera di isteria di massa quando tutte le garanzie legali e tutte le conquiste della civiltà vengono cancellate. Basta dire di una persona "stregone", "strega", "nemico del popolo", "massone", "intellettuale" o qualsiasi altra parola che in una data situazione storica sia un segno di sventura, e il suo destino è deciso: sposta automaticamente al posto del "colpevole" di tutti i guai, partecipante a una cospirazione invisibile", ogni difesa della quale equivale ad ammettere il proprio coinvolgimento in un ospite insidioso.

Il romanzo di Umberto Eco inizia con una citazione dal Vangelo di Giovanni: "In principio era il Verbo" - e termina con una citazione latina, malinconica che riporta che la rosa appassì, ma rimase la parola "rosa", il nome "rosa". Il vero eroe del romanzo è la Parola. Wilhelm e Jorge lo servono in modi diversi. Le persone creano parole, ma le parole controllano le persone. E la scienza che studia il posto della parola nella cultura, il rapporto tra la parola e l'uomo, si chiama semiotica. "Il nome della rosa" - un romanzo sulle parole e sulle persone - è un romanzo semiotico.

Si può presumere che non sia un caso che il romanzo sia ambientato in un monastero medievale. Considerata la propensione di Eco per la comprensione delle origini, si può meglio immaginare cosa lo spinse a scrivere Il nome della rosa alla fine degli anni '70. In quegli anni sembrava che all’Europa rimanessero solo pochi “minuti” prima della “mezzanotte” apocalittica sotto forma di confronto militare e ideologico tra due sistemi, del ribollire di vari movimenti dall’ultra al “verde” e delle minoranze sessuali in un calderone comune di concetti intrecciati, discorsi accesi, azioni pericolose. Eco sfidato.

Descrivendo il contesto delle idee e dei movimenti moderni, cercò in tal modo di raffreddarne l'ardore. In generale, è una pratica artistica ben nota uccidere o avvelenare personaggi di fantasia per l'edificazione dei vivi.

Eco scrive direttamente che "il Medioevo è le radici di tutti i nostri moderni problemi" caldi ", e le faide tra monaci di diversi ordini non sono molto diverse dalle lotte tra trotskisti e stalinisti.

Zconclusione

Il libro è un'ottima dimostrazione del metodo scolastico, molto in voga nel XIV secolo. William mostra il potere del ragionamento deduttivo. La soluzione del mistero centrale dell'omicidio dipende dal contenuto di un libro misterioso (il libro sulla commedia di Aristotele, l'unica copia del quale sopravvive nella biblioteca del monastero).

Il romanzo rappresenta l'attuazione pratica delle idee teoriche di Umberto Eco sul lavoro postmoderno. Include diversi livelli di significato accessibili a diversi lettori. Per un pubblico relativamente ampio, "Il nome della rosa" è un romanzo poliziesco complesso in un ambiente storico; per un pubblico un po' più ristretto, è un romanzo storico con molte informazioni uniche sull'epoca e in parte una trama poliziesca decorativa; per un pubblico ancora più ristretto, è una riflessione filosofica e culturale sulle differenze tra le visioni del mondo medievali e moderne, sulla natura e lo scopo della letteratura, il suo rapporto con la religione, il posto di entrambe nella storia dell'umanità e problemi simili.

La gamma di allusioni contenute nel romanzo è estremamente ampia e spazia da generalmente accessibile a comprensibile solo agli specialisti. Il personaggio principale del libro, Guglielmo di Baskerville, da un lato, alcune sue caratteristiche rimandano in parte a Guglielmo di Ockham, in parte ad Anselmo di Canterbury, dall'altro si riferisce chiaramente a Sherlock Holmes (usa il suo metodo deduttivo, soprannominato con il nome di uno dei testi holmesiani più famosi, tranne del resto è evidente il parallelo tra i satelliti Adson e Watson). Il suo principale avversario, il bibliotecario cieco del monastero Jorge, è una complessa parodia dell'immagine del classico della letteratura postmoderna Jorge Luis Borges, che era il direttore della Biblioteca nazionale dell'Argentina e divenne cieco in età avanzata (inoltre, Borges possiede un'immagine impressionante della civiltà come “biblioteca babilonese”, da cui, forse, è nato tutto il romanzo di Umberto Eco).

eco della letteratura italianaromanzo dell'eroe

CONsuperare di pocousatofonti

1. Andreev L. Sintesi artistica e postmodernismo // Domande sulla letteratura - 2001. - N. 1. - p

2. Zatonky D. Postmodernismo nell'interno storico // Domande sulla letteratura - 2006. - N. 3. - p. 182-205.

3. Kostyukovich E. Orbits Eco // Eco U. Nome della rosa. - M., 2008. - 129 pag.

4. Lotman Yu Esci dal labirinto // Eco U. Nome della rosa. - M: Camera del Libro, 2009. - 456 p.

5. Lee Marshall e Umberto Eco. Sotto la Rete (intervista)//"L'Arte del Cinema" 9/2007 - p.11

6. Reingold S. “Avvelenare un monaco” ovvero i valori umani secondo Umberto Eco // Letteratura straniera. -2004.-N.4. - pag.24-25

7. Umberto Eco Revisioni interne. Traduzione dall'italiano di Elena Kostyukovich // “Letteratura straniera” 2007, n. 5 - pp. 20-22

8. Travina E. Umberto IVF // La realtà è una fantasia in cui le persone credono. Domande di letteratura. 2006 N. 5 - p.17-19

9. Eco U. Note a margine di “Il nome della rosa” // Il nome della rosa. - M: Camera del Libro, 2009 - 489 p.

10. Eco U. Nome della rosa. Investigatore. vol. 2. -M.: Camera del Libro, 2009. - 496 p.

Pubblicato su Allbest.ru

Documenti simili

    Peculiarità nel rivelare il carattere del personaggio principale Oblomov secondo Goncharov. Il sogno di Oblomov come centro artistico ideologico del romanzo. La chiave del personaggio di Ilya Ilyich nella sua infanzia. La pigrizia, la passività e l'apatia sono caratteristiche integrali del personaggio principale del romanzo.

    rapporto, aggiunto il 19/09/2013

    Creazione del romanzo di F.M. "L'idiota" di Dostoevskij. L'immagine del principe Myshkin. Comportamento vocale del personaggio principale del romanzo. Caratteristiche marcate dal genere del comportamento linguistico dei personaggi. Modi linguistici di esprimere la mascolinità e la femminilità nel testo letterario.

    tesi, aggiunta il 25/10/2013

    Caratteristiche del romanzo "Soggetto fedele". L'immagine di Diederich Goesling nell'opera. Sviluppo della personalità del protagonista. L'atteggiamento di Gesling nei confronti del potere e dei suoi rappresentanti. Il fumetto nel romanzo. "Soggetto fedele" è un eccellente esempio di romanzo socio-satirico.

    abstract, aggiunto il 23/02/2010

    Biografia e percorso creativo di Jerome David Salinger - uno degli scrittori più misteriosi ed enigmatici del XX secolo. Contenuti e analisi del romanzo "Il cacciatore di segale". Il pensiero, la psicologia e il carattere di Holden Caulfield - il personaggio principale del romanzo.

    saggio, aggiunto il 21/05/2013

    Una breve rivisitazione del romanzo di Jerome D. Salinger The Catcher in the Rye. L'immagine del personaggio principale, il suo personaggio e il posto nel romanzo. Caratteristiche della traduzione dell'opera. Trasmissione dello slang nella traduzione di un'opera. Analisi editoriale in conformità con GOST 7.60-2003.

    lavoro del corso, aggiunto il 31/08/2014

    Definizione letteraria di immagine. Costruzione di un sistema figurativo di un'opera d'arte. Metodi di incarnazione linguistica di un sistema di immagini. Lo stile di scrittura e le tecniche visive del romanzo "Il ritratto di Dorian Gray". Immagini dei personaggi principali, la loro incarnazione linguistica.

    tesi, aggiunta il 20/03/2011

    Chi è il personaggio principale del romanzo "Eugene Onegin"? Somiglianze e differenze tra l'autore e il personaggio principale. Divagazioni liriche del poeta sul significato dell'esistenza umana. L'immagine positiva ideale della donna russa Tatyana Larina, in contrasto con l'immagine di Onegin.

    abstract, aggiunto il 23/03/2010

    Una breve descrizione dell'immagine artistica di Konstantin Levin come eroe del romanzo di L.N. "Anna Karenina" di Tolstoj. Caratteristiche del ritratto psicologico di Levin e determinazione del ruolo dell'eroe nella trama del romanzo. Valutare la spiritualità e la personalità del personaggio di Levin.

    abstract, aggiunto il 18/01/2014

    Studiando la storia della creazione del romanzo "Sunday", il suo posto nell'opera di L.N. Tolstoj. Caratteristiche della specificità artistica, ideologica e tematica del romanzo nel contesto delle tendenze filosofiche dell'epoca. Analisi dei problemi sollevati dallo scrittore nella sua opera.

    lavoro del corso, aggiunto il 22/04/2011

    Una breve storia della creazione e analisi delle questioni ideologiche e artistiche del romanzo sull'imprenditore "Dombey and Son". Poetica del titolo, elementi di simbolismo e immagini realistiche del romanzo. L'immagine di Karker, i motivi del reato penale e la punizione morale.

Composizione

Il romanzo "Il nome della rosa" (1980) è diventato il primo ed estremamente riuscito tentativo dello scrittore, che non ha perso la sua popolarità fino ad oggi, e ha ricevuto elogi sia dai critici letterari esigenti che dal lettore generale. Quando si inizia ad analizzare il romanzo, si dovrebbe prestare attenzione alla sua unicità di genere (in queste e molte altre domande che riguardano la poetica del romanzo, l'insegnante dovrebbe ricorrere a un tentativo di autointerpretazione chiamato “Nota a margine di” Il nome della rosa”, con cui Eco accompagna il suo romanzo). L'opera è in realtà basata sulla storia dell'indagine su una serie di misteriosi omicidi avvenuti nel novembre 1327 in uno dei monasteri italiani (sei omicidi in sette giorni, lungo i quali si svolge l'azione del romanzo). Il compito di indagare sull'omicidio è affidato all'ex inquisitore, filosofo e intellettuale, monaco francescano Guglielmo di Baskerville, che è accompagnato dal suo giovane allievo Adson, che funge allo stesso tempo nell'opera da narratore, attraverso i cui occhi il lettore vede tutto ciò che è rappresentato nel romanzo.

Wilhelm e il suo allievo cercano coscienziosamente di svelare il groviglio criminale esposto nell'opera, e quasi ci riescono, ma fin dalle prime pagine l'autore, senza perdere per un attimo di vista l'interesse poliziesco della trama, ironizza sottilmente tale definizione di genere.

I nomi dei personaggi principali Guglielmo di Baskerville e Adson (cioè quasi Watson) dovrebbero inevitabilmente evocare nel lettore associazioni con la coppia di detective di Conan Doyle, e per maggiore sicurezza, l'autore dimostra immediatamente le capacità deduttive non sovrapposte di il suo eroe William (una scena che ricostruisce le circostanze, l'aspetto e persino il nome del cavallo scomparso all'inizio del romanzo), sostenendoli sia con la sincera sorpresa che con la confusione di Adson (la situazione ricrea accuratamente il tipico "momento della verità" di Doyle ). Wilhelm continua a dimostrare molte delle sue abitudini deduttive man mano che la trama si svolge, inoltre dimostra attivamente la sua straordinaria conoscenza di varie scienze, che ironicamente rimanda alla figura di Holmes; Allo stesso tempo, Eco non porta la sua ironia al limite critico oltre il quale si sviluppa in parodia, e i suoi Wilhelm e Adson conservano fino alla fine dell'opera tutti gli attributi di detective più o meno qualificati.

Il romanzo ha davvero le caratteristiche non solo di un romanzo poliziesco, ma anche di un'opera storica e filosofica, poiché ricrea scrupolosamente l'atmosfera storica dell'epoca e pone al lettore una serie di serie domande filosofiche. L’“incertezza” del genere motiva in gran parte l’insolito titolo del romanzo. Eco ha voluto togliere tale certezza dal titolo della sua opera, per questo ha inventato il titolo “Il nome della rosa”, che semanticamente è del tutto neutro, o meglio, incerto, poiché, secondo l'autore, il numero dei simboli a cui è associata l'immagine di una rosa è inesauribile, e quindi unica.

Già l’incertezza del genere del romanzo può servire, secondo lo stesso Eco, come segno dell’orientamento postmodernista della sua opera. Eco motiva le sue argomentazioni con il suo concetto (presentato anche in “Note a margine”) di postmodernismo, che contrappone al modernismo. Se quest'ultimo evitava trame ricche di azione (questo è un segno di letteratura avventurosa, cioè "frivola"), descrizioni abusate, frammentarietà della composizione e spesso i requisiti elementari di logica e coerenza semantica del rappresentato, allora il postmodernismo, nel pensiero di Eco , supera questo principio di distruzione apertamente dichiarato, cerca (distruzione) delle norme della poetica classica e delle linee guida per la nuova poetica nel tentativo di combinare il tradizionale, che viene dai classici, e l'antitradizionale, introdotto nella letteratura dal modernismo. Il postmodernismo non cerca di chiudersi nei confini dei gusti d'élite, ma si sforza di raggiungere il lettore di massa (nel senso migliore del termine), non lo respinge, ma, al contrario, lo conquista; Quindi, il romanzo contiene elementi di intrattenimento e di narrativa poliziesca, ma questo non è intrattenimento ordinario: parlando delle differenze tra il modello poliziesco del suo stesso lavoro, Eco ha insistito sul fatto che non era interessato alla propria base "criminale", ma alla tipo di opere con trama molto forte che modellano il processo di apprendimento della verità. In questa comprensione

Eco sostiene che il tipo di trama metafisica e filosofica è una trama poliziesca. Il modernismo, secondo Eco, scarta il già detto (cioè la tradizione letteraria), mentre il postmodernismo entra in un gioco complesso con essa, ripensandola ironicamente (di qui, in particolare, le allusioni a Conan Doyle, a Borges con la sua immagine della Biblioteca di Light e la sua stessa persona, ironicamente rappresentata nell'immagine di Jorge, ecc.). La poetica non convenzionale del romanzo è sottolineata dallo stesso Eco nei nomi di quelle opere dei suoi predecessori, che identifica come fonti associative della sua ispirazione (Joyce, T. Mann, opere ripensate criticamente dei teorici del modernismo - R. Barthes, L. Fiedler, ecc.). Troviamo segni modernisti dell'opera anche nel metodo di presentazione, che si realizza nella trama sotto forma di un peculiare gioco di punti di vista mutevoli: l'autore presenta tutto ciò che è raffigurato nell'opera non direttamente, ma come traduzione e interpretazione del manoscritto di un monaco medievale da lui “trovato”. Gli eventi stessi sono descritti da Adson quando raggiunse la vecchiaia, ma nella forma della loro percezione attraverso gli occhi di un giovane e ingenuo studente di Guglielmo di Baskerville, che era Adson al momento di quegli eventi.

Chi rappresenta questi punti di vista nel romanzo e come li sostiene? Uno di loro è rappresentato dal responsabile delle collezioni della biblioteca, Jorge, il quale ritiene che la verità sia stata data all'uomo per poterla sentire immediatamente con i primi testi biblici e le loro interpretazioni, e che approfondirla sia impossibile, e qualsiasi tentativo in tal senso porta o alla profanazione delle Sacre Scritture, oppure mette la conoscenza nelle mani di chi la usa a detrimento della verità. Per questo motivo Jorge dà selettivamente libri da leggere ai monaci, decidendo a sua discrezione cosa è dannoso e cosa no. Al contrario, Wilhelm ritiene che lo scopo principale di una biblioteca non sia quello di conservare (anzi nascondere) i libri, ma di orientare attraverso di essi il lettore verso una ricerca ulteriore e approfondita della verità, poiché il processo della conoscenza, come egli ritiene , è infinito.

Separatamente, dovremmo passare all'analisi di una delle immagini chiave del romanzo: l'immagine di una biblioteca labirintica, che simboleggia ovviamente la complessità della conoscenza e allo stesso tempo correla il romanzo di Eco con immagini simili delle biblioteche labirintiche in Borges (“ Il giardino dei sentieri che si biforcano”, “La biblioteca di Babele”), e attraverso di esso con il paragone della biblioteca, del libro, con la vita, abbastanza comune tra i modernisti (il mondo è un libro creato da Dio, che, in pratica, realizza le leggi della nostra esistenza codificate in un altro libro: la Bibbia).